Il processo di stampa, con la conseguente moltiplicazione e diffusione delle immagini, ha dato una risposta alle esigenze delle modernità: informazione, illustrazione, divulgazione. Ecco perché l’incisione è stata, a lungo, considerata un’arte nuova e “utile”. L’artista contemporaneo si serve ancora del linguaggio incisorio. Dunque si manifesta in lui una tenace volontà e un grande desiderio di conservare questa tecnica, che va ormai scomparendo, soprattutto in un’era in cui l’elettronica, con la stessa forza di quella innovazione, dà vita all’odierna civiltà di massificazione delle immagini.
Per questi motivi il PoliArtStudio tenta, con alcune iniziative, di valorizzare, conservare e trasmettere la conoscenza dell’antica arte incisoria, risvegliando l’interesse anche tra il pubblico dei “non addetti ai lavori”.
Nel corso di Graphicartell si aprirà lo spazio espositivo di Via Università 61, ad alcuni artisti che hanno racchiuso i propri esemplari in una cartella (formula che pare rispondere ad esigenze di mercato). L’esposizione di tali raccolte (alcune delle quali già pubblicate e presentate da critici militanti), servirà, se non altro, ad alimentare il dibattito nei confronti di un’arte non più “utile”, ma certamente di altissimo valore artistico.
FOLDER 1
Remo Branca decretava nei suoi volumi tosti chi era incisore e chi no: io ne fui escluso.
La tradizione imperava nelle stanche riedizioni dei manuali Servolini. “L’acquaforte” di Melis marini (Hoepli 1922), i sardi l’avevano già dimenticata. Il marchese Benvenuti, direttore del Gabinetto delle Stampe, me ne procurò una copia che divorai. Faticai non poco a procurarami bulini e sgorbiette. Il Dessì di via Manno me le ordinò in Germania; il linoleum lo cercavo fra gli avanzi polverosi dei cantieri. Queste incisioni le stampai nella vecchia tipografia dell’Unione, dove un “proto” tedesco stette curvo sulla piano-cilindrica per dieci giorni. Mario Ciusa fu, come sempre, entusiasta delle mie cose; i cagliaritani, no. La cartella rimase invenduta nella bella vetrina di Cocco, via Manno. Costava 20.000 lire, 9 incisioni. Ora ne restano due copie di una tiratura di 80.
La storia è una delle mie storie, alla ricerca di un senso, nella vita; una vecchia storia che ritorna.
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